La birra è una delle più antiche bevande prodotte dall’uomo.
Le prime tracce della produzione di questa antica bevanda risalgono a più di 5000 anni fa in Asia, da parte dei Sumeri che la chiamavano Kurunnu.

A quei tempi la birra faceva parte dell’alimentazione quotidiana anche dei bambini ed era considerata tanto importante da avere una divinità dedicata: Ninkasi.
Più tardi, nel periodo degli Assiri, tra i fiumi Tigri e Eufrate, non solo era nota la birra, ma anche il mestiere di birraio.

I Celti già producevano un’antesignana della birra, ovvero la cervogia, detta anche ceruisia, birra d’orzo ambrata con un sapore leggermente affumicato o tostato in quanto senza luppolo.

In Europa, la birra, ebbe grande diffusione nel Medioevo, in particolare nel nord e nell’est dell’Europa quando era bevuta da tutte le classi sociali a differenza del vino che, per la difficoltà di coltivazione delle viti soprattutto in quelle aree, era una bevanda consumata solo dai ceti più agiati.

Al tempo, per aromatizzare la birra si utilizzava il Gruit, un antico composto a base di erbe e spezie per lo più segrete in quanto rappresentavano la ricetta propria di ogni birraio ed era una sorta di certificazione di provenienza.

Tuttavia il gruit, data la sua vasta natura, era un elemento incontrollabile. Infatti, quest’ultimo poteva comprendere henbane, spina mela, trucioli di legno, pece, fuliggine e la mortale belladonna, risultando pericoloso per la salute umana e talvolta anche mortale.

Per porre rimedio ad una situazione così incontrollata anche per la continua espansione produttiva e commerciale di questo prodotto, il 23 aprile 1516 nella città di Ingolstadt il duca bavarese Guglielmo IV emise insieme al fratello Ludovico X l’Editto della Purezza Reinheitsgebot.

Quest’antica legge, tra le varie puntualizzazioni, vietò di utilizzare ingredienti aromatici all’infuori del luppolo.
Il luppolo infatti già svolgeva un ruolo fondamentale nel processo produttivo della birra, non solo perché gli conferiva il tipico sapore amaro, ma anche per le sue importanti proprietà antibatteriche.

È noto altresì che grande impulso alla produzione della birra venne dai molti monasteri ed abbazie presenti nei territori dell’Europa, dove i monaci producevano birre che ancora oggi si commercializzano non solo perché storiche, ma perché nei secoli sono state capaci d’incontrare il gusto delle popolazioni e a volte di plasmarlo.

Nel sud d’Europa la situazione era differente. Il clima mite favoriva la coltivazione delle viti.
In Italia, dove la produzione del vino era molto diffusa, la produzione della birra fu molto limitata fino alla fine del secolo scorso, spesso relegata a laboratori artigianali con produzioni discontinue e quasi sempre legate a impieghi temporanei e locali.

A cavallo delle due Guerre Mondiali si svilupparono importanti aziende italiane produttrici di birra. In Friuli Venezia Giulia si ricorda la Birra Moretti, la Birra Dormish, la Birra Dreher e la Birra Momi.

Ma tutte queste birre, per varie vicende, hanno cessato la produzione o sono entrate a far parte di società multinazionali che hanno portato la produzione altrove.

Dopo queste esperienze industrialmente anche molto importanti, e passato il fisiologico momento di stasi, anche in Friuli c’è stato un’importante sviluppo di birrifici artigianali che si caratterizzano per localismo, utilizzo di prodotti naturali e ricerca di sapori unici non altrimenti percepibili.

In questa rinascita di birre locali, artigianali, dalla forte e coinvolgente personalità, spicca la birra MANDI.
La birra MANDI fin dalla sua etichetta recupera le tradizioni di un territorio che esprime pregevolezza gustativa grazie all’utilizzo di prodotti naturali di qualità.

Una società prevalentemente rurale fino ad oltre la metà del secolo scorso che lascia in eredità le sue tradizioni e la capacità di coltivare la terra in modo naturale. Nel rispetto della Natura e ricavando quanto necessario grazie a culture a km 0 per ridurre l’impatto ambientale.

La parola Mandi è il tipico saluto della lingua friulana che racchiude uno speciale significato: dal latino “Manus Dei” ovvero “Che Dio ti protegga”.

Nel marchio Mandi viene stilizzato l’agricoltore friulano in tre momenti diversi della vita nei campi. MANDI significa la volontà di valorizzare ciò che nella tradizione lavorativa di questa terra non è ancora andato perso nel rispetto per le sue naturali caratteristiche.

Ma il Friuli è anche produttore di malto d’orzo con un contenuto proteico ridotto il che è a tutto vantaggio del processo di produzione del mosto da birra.

Il luppolo anch’esso di produzione locale era molto conosciuto e usato fin dai tempi antichi: mangiato crudo in insalata o ben cotto nell’acqua.
Anche oggi, le punte della pianta del luppolo vengono cotte col riso e condite con l’olio, diventando una ricercata zuppa.

Infine, l’acqua del territorio friulano è tra le più pure. In Friuli, con una prevalenza di territorio montuoso (43%), pianeggiante (38%), collinare (19%),  l’acqua scorre dalla montagna al mare in modo veloce e questo la rende leggera senza grandi quantità di minerali.
L’insieme di queste caratteristiche fa di MANDI una birra agricola unica.

Si presentano in quattro versioni che soddisfano anche i palati più contemporanei.

La prima dal collare giallo è la bionda, con il suo sapore fresco, riconoscibile per il suo colore giallo dorato per il suo profumo di fiori di campo.

La seconda dal collare arancione è l’ambrata, dal gusto intenso e complesso con i profumi del sottobosco, dal retrogusto deciso e amaro.

La terza dal collare verde è l’IPA, dal profumo deciso emergono note di pompelmo e resina, in bocca rilascia un finale fresco e amarognolo.

La quarta dal collare argento è la bionda cruda, completamente senza glutine, al colore giallo chiaro con riflessi aranciati, e dai profumi agrumati.